È passato un anno dal n. 11 (Luglio 2005).
La vita di una fragile rivista on line è legata a molti fattori incostanti: il tempo delle persone interessate, la possibilità di interrompere le fatiche quotidiane e poter pensare senza assilli pratici, i cambiamenti che intercorrono nella vita degli interessati, specialmente se di giovane età. Il risultato è l’uscita quando si può.
A ciò si aggiunge un fattore del tutto “psicologico” (il che non è male per un foglietto elettronico che si occupa soprattutto di psicologia): l’astrattezza di una tale comunicazione. Chi leggerà, che cosa ne penserà, sarà utile o il tutto si ridurrà ad una sterile e un po’ narcisistica rappresentazione di se stessi che certamente non arriverà ai posteri?
Tutte domande lecite a cui è un po’ difficile rispondere per mancanza di dati.
La strada più utile per dare un reale senso comunicativo è di “allargare l’area della partecipazione”, come parola d’ordine di un quartier generale partigiano che vuole sopravvivere.
Dal prossimo numero la rivista vedrà la partecipazione organica (in diverso modo c’era già stata anche prima) di Alberto Lorenzini, che sarà ufficialmente investito dell’incarico di redattore della rivista. Una voce interessante che si è già impegnata a divulgare, a far conoscere col linguaggio della semplicità acquisita da un apprendimento paziente e preciso, la psicologia del Sé.
Altro interesse, per ora nell’aria e non ancora atterrato, è quello di coinvolgere altre voci nella redazione della rivista e nei contatti che ci possono essere per questo fine.
Lo scopo è quello fondamentale dell’Associazione Script: far conoscere la psicoterapia come fenomeno, come relazione, come cultura.

Il presente numero è molto “carico”. Più di un articolo è decantato per mesi e nuovi se ne sono aggiunti. Abbiamo pensato di pubblicarli tutti e di cercare novità per il prossimo numero.
L’articolo di fondo, del giovane neolaureato Gabriele Lenzi, riguarda un fenomeno più conosciuto empiricamente che nominato: il comportamento allumistico (un francesismo, per indicare la persona che provoca in altri desideri, che si avvicina con seduzioni coinvolgenti, che fa trasparire scenari interessanti per l’altro, ma lascia tutto in sospeso e nell’incertezza, creando un legame di dipendenza che molto ha a che fare con la relazione persecutore-vittima).
Il breve saggio concentra la sua attenzione all’interno del campo della comunicazione linguistica e della “retorica” che caratterizza il rapporto allumistico. Molti echi, forse anche non manifestatamene esplorati, ma indubbiamente presenti, riguardano l’ambito dell’attaccamento, della psicologia di Fairbairn (l’oggetto cattivo con la sua caratteristica bipolare: eccitante e respingente), dei bisogni narcisistici della coppia vittima carnefice.

L’approccio teorico è rappresentato dal corposo testo di Germain Lietaer a proposito dell’accettazione positiva incondizionata. Carl Rogers, col sano empirismo che lo ha sempre distinto, si chiedeva “…posso accettare dell’altra persona ogni aspetto che da questa mi viene offerto? Posso accettarla così com’è? Posso comunicarle questo atteggiamento? O l’accetto soltanto sotto condizione, approvando alcuni aspetti dei suoi sentimenti e disapprovando tacitamene o apertamente gli altri aspetti?”[1].
Questi semplici interrogativi sottendono un problema teorico-pratico non indifferente, che è basilare per la terapia non direttiva rogersiana. Come si può non cadere nelle rassicuranti sabbie mobili della direttività, della terapia breve, delle cure orientate alla dismissione del sintomo, se nello spazio interiore del terapeuta non nasce e si rafforza la facilitazione della così detta “tendenza attualizzante” di impronta rogersiana? Gli ambiti teorici della questione sono ampiamente trattati dall’articolo di Lietaer.

Le esperienze pratiche (ma la pratica non implica già di per sé una teoria, una visione dell’ambito e della scelta di un determinato atteggiamento, terapeutico o altro?) sono ampiamente rappresentati da quattro scritti.
L’analisi della complessità del setting all’interno di una comunità terapeutica per tossicodipendenti costituisce l’assunto della riflessione di Daniele Mammini.
Tutti coloro che si occupano di cura sanno quanta importanza abbia il setting in questa delicata operazione (e quanto poco sia tenuto in conto in contesti terapeutici diversi dalla psicoterapia, ma altrettanto delicati).
Il passaggio dall’individuale al collettivo, al comunitario, alla vita di gruppo sotto lo stesso tetto è il problema teorico (e comunque anche, conseguentemente pratico) che si presenta in questo particolare contesto.
L’autore sembra mediare dal setting individuale tutta una serie di elementi di base che, con opportuni cambiamenti, necessari, ma non stravolgenti i riferimenti di fondo di una relazione terapeutica individuale, prendono in carico professionalmente la provvisoria, anche se lunga, condivisione di uno spazio comune, fisico e mentale, all’interno di una comunità.

In “Il lombrico, la farfalla e il temporale…”, interessante per la sua chiarezza sintetica, Alberto Lorenzini ci racconta un’esperienza sul campo, riguardante un caso (cioè una persona) combattuta fra il pericolo della simbiosi e l’altrettanto terreno devastante del caos, come due poli di una situazione estrema e di profonda sofferenza, come un imprigionamento dell’Io che poggia su un sottostante strato magmatico, i cui sogni sono lampi di annunciazioni simboliche.
Il nostro interesse sarà ancora più sollecitato in quanto alla prima parte ne faranno seguito altre, a definire un processo continuo, anche se a termine, di emersione delle figure dell’inconscio da cui possiamo essere affrancati soltanto se le includiamo in Lari domestici, che rivestono i panni di un passato acquisito e non di un’identità persecutoria.

Stefano Fratini aggiunge un altro tassello al suo interesse per le persone ammalate di diabete. In questo specifico articolo l’interesse è dato dal ruolo particolare della famiglia nei confronti di figli affetti da diabete infantile e dall’importanza dell’empatia per accogliere i bambini ammalati. Il diabete infantile richiede particolari stili di vita e una dipendenza dall’insulina che mal viene sopportata nell’età infantile. Richiede inoltre comportamenti necessariamente costanti (orari di alimentazione, controlli della glicemia…) che mal si adattano ai ritmi dell’infanzia. L’empatia che si richiede ai genitori è quindi particolarmente “sottile” e specifica, se non si voglia passare soltanto attraverso ingiunzioni prescrittive che potranno essere sì osservate, ma che da sole non maturano convinzione e comprensione da parte dei bambini.

Il settore della psicologia applicata vede il consueto e gradito articolo di Anita Rusciadelli in ambito grafologico. Questa volta l’indagine riguarda il rapporto che la grafologia può apportare in campo medico. Un percorso che vede qui il primo apporto a cui ne seguiranno altri nei prossimi numeri della rivista. È auspicio dei curatori della rivista che l’illustrazione dei metodi e dei contenuti della grafologia sia un utile apporto alla conoscenza accessibile di una disciplina tanto interessante quanto poco conosciuta nelle sue radici di pensiero scientifico.

I tre articoli di Paolo Dongiovanni e Patrizia Occhipinti, di Flora Gagliardi e di Alessandra Zaccali ci fanno entrare nel cuore di un’altra applicazione della psicologia, cioè la logoterapia, intesa come recupero di un linguaggio verbale alterato o modificato per cause organiche (l’afasia in particolare è l’interesse preminente, con diversi punti di vista di questi tre scritti).
L’attenzione dei redattori è stata catturata, in particolar modo, da un “fuoco di riferimento” costituito non soltanto de non tanto da una fisioterapia riabilitativa (naturalmente anche questa importante), ma dall’attenzione al paziente come persona che ha menomati alcuni aspetti comunicativi e che fa di una nuova modalità di comunicazione la valorizzazione della persona con tali problemi. Fa da cappello a tutto questo una vera e propria lezione (a cura del neurologo dottor Bongiovanni) della base neurologica su cui costruire la cura della persona afasica.

“Un vasto campo” (quello della psicologia sociale intesa come disciplina di analisi della vita collettiva degli individui nei vari contesti) accoglie l’intervista allo psicologo argentino Miguel Benasaygs, che lavora in progetti di intervento nelle periferie parigine.
C’è sembrata una voce quanto mai importante (e in sintonia con i nostri interessi, in quanto proveniente da uno psicologo), per cercare di capire che cosa si muove alla base di fenomeni di disagio urbano che sempre più si stanno diffondendo nelle periferie delle grandi metropoli dell’Occidente. È come dar voce a chi si esprime anche violentemente ma, alla fine, rimane senza una voce che riesca a comunicare ed interpretare movimenti collettivi pieni di tanto disagio ed energia apparentemente soltanto distruttiva o dimostrativa della propria semplice esistenza.

Nel settore delle artiterapie Rosella Picchi ci rende edotti della sociometria, il metodo applicato da Moreno, il fondatore dello psicodramma, per rilevare la tipologia di relazioni che s’instaura in un gruppo. È lo stesso Moreno a definire le caratteristiche generali e l’ambito della disciplina:
“La sociometria ha per oggetto lo studio matematico delle caratteristiche psicologiche delle genti(…). Essa persegue un’indagine metodica sullo sviluppo e sull’organizzazione dei gruppi, sulla posizione degli individui nei gruppi. Uno dei suoi principali obiettivi consiste nel misurare l’intensità e l’estensione delle correnti psicologiche che s’infiltrano in seno alle popolazioni che pervadono.(….).
Gli individui e le loro interrelazioni devono essere trattati come la struttura nucleare d’ogni situazione sociale (….)”[2]. Un utile contributo alla riflessione sulle dinamiche all’interno dei gruppi, anche di quelli che si formano nel caso di attività espressive.
Lo “Speciale SCRIPT” raccoglie gli interventi, di Alberto Lorenzini e Giovanni Lancellotti, proposti all’incontro pubblico del 13 maggio 2006 (La depressione vuota, con commento della sintesi del film dei fratelli Coen “L’uomo che non c’era”).

“Rogers Contemporaneo” comprende un estratto da un articolo di Pier Francesco Galli, di cui rimandiamo gli estremi al testo, che rende atto (siamo nel 1962) del carattere empirico e dello spirito di ricerca di Rogers, tutto rivolto a cogliere nella sua essenza il funzionamento e l’efficacia della psicoterapia. Si tratta di un’attestazione dello spirito libero che ha sempre animato Carl Rogers, atteggiamento privo della pesantezza ideologico-teorica che spesso si incontra negli scritti degli psicoterapeuti. Naturalmente, e correttamente, la citazione non è un inno a non fare teoria, ma pensiamo sia un realistico insegnamento alla ricerca della verità per la via più semplice e naturale, l’osservazione dell’esperienza.
Segue uno scritto di Rogers sull’organizzazione della personalità, che è una riprova documentaria esemplare del modo di lavorare e di trarre conoscenza dal campo dell’osservazione, che ha sempre caratterizzato il fondatore della “terapia centrata-sul-cliente”.

Nella rubrica Psicologia Scuola Formazione Eleonora Aquilini ci propone un’analisi molto stimolante sulla teoria dello sviluppo e della conoscenza di Winnicott. Di particolare interesse l’estensione di campo transizionale alla scuola.
L’educazione viene così ad essere definita un processo attraverso cui si conosce ulteriormente quanto già, a diversi livelli, già si conosceva in precedenza.
Questo passaggio sarebbe fondamentale per un’organica acquisizione di sapere, che altrimenti diventa materia sovrapposta e respinta, come violenta ed estranea, da parte dell’allievo.
Un interessante contributo di riflessione sul piano dell’educazione alla libertà e nella libertà.

Il settore delle autobiografie è connotato da un intervento sul “campo”. Daniela Bettini si è formata nell’ambito dell’utilizzo delle autobiografie nelle attività di gruppo e possiede conoscenza teorica ed esperienza pratica in questo ambito.
L’articolo vuole essere un primo contributo di base alla conoscenza di questo particolare aspetto della memoria e della rappresentazione della vita che consiste nel poter “are i conti” col racconto di sé.

L’argomento “Mobbing” inaugura una nuova rubrica che vuole essere viva nei due aspetti che da sempre sono il centro dell’interesse di questa rivista: l’aspetto teorico delle questioni e, forse con ancora maggiore attenzione, l’esperienza esistenziale di chi vive sulla propria pelle ciò di cui si parla.
Felicetta Jervolino ci parla del Mobbing come fenomeno sociale, della persecuzione sui luoghi di lavoro che viene esercitata da superiori o pari grado nei confronti di un dipendente.
Abbiamo scelto questo contributo per “aprire” alla conoscenza del problema, che verrà in seguito esaminato nei suoi aspetti sociali, nella sua diffusione e nell’attenzione da parte di organizzazioni sindacali o studiosi di psicologia sociale.
La lettera della Signora Giovanna Nigris è invece un tipico esempio della sofferenza, della confusione e della solitudine a cui può venire condannato chi è vittima di mobbing.
I toni usati dalla Nigris, che possono sembrare, ad una prima e superficiale lettura, retorici ed enfatici, sono invece lo stigma di chi in solitudine e senza mezzi cospicui per far sentire le proprie ragioni si trova di fronte ad una realtà distruttiva.
Chi è senza protezione si trova ad essere autodidatta anche di fronte alla difesa di sé, con tutte le sconfitte che possono derivare da questa condizione.

Il libro di Grotowski “Per un teatro povero” chiude questo numero della nostra rivista.
È opera di un autore che mai ha voluto avere a che fare con la psicologia o con la cura, ma che ha dato un grande contributo “laico” alla conoscenza ed all’esplorazione della natura umana, partendo dall’ambito della formazione teatrale e costruendo una forse inconsapevole antropologia dell’uomo contemporaneo.

Nota: i riferimenti alle fonti degli scritti già pubblicati su altre riviste o libri si trovano a precedere i testi. Se non c’è nessuna nota significa che gli articoli sono stati scritti per Script.

Ringrazio Alberto Lorenzini per la preziosa collaborazione, che sarà “istituzionalizzata” prossimamente, alla redazione di questo numero della rivista.

[1] CARL ROGERS. La terapia centrata-sul-cliente.Martinelli, Firenze, 1970 (ristampa 1984), pag. 83
[2] J.L. MORENO. Principi di sociometria, di psicoterapia di gruppo e sociodramma. ED. Etas Kompass, Milano 1964. Ed. originale: “Who Shall Survive?” Beacon N.Y., 1954.

 
Giovanni Lancellotti psicologo-psicoterapeuta
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