Paolo Bongioanni e Patrizia Occhipinti
(U.O. Neuroriabilitazione, Dip. Neuroscienze, Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana)

Le relazioni che seguono sono state proposte durante la giornata di studio “Les invalides” (24 Settembre 2005) dedicata ad un confronto scientifico e di metodo, supportato da esperienze di varia derivazione, fra l’applicazione delle discipline teatrali agli ambiti delle diverse abilità e a quelli di sofferenza cognitiva degli adulti.
Le relazioni, nello specifico, fanno riferimento ad un progetto destinato a persone afasiche.
I tre specialisti da tempo lavorano, ognuno con le proprie competenze, per l’integrazione degli aspetti comunicativi e relazionali degli afasici.
E’ con molto piacere e con altrettanto interesse che ospitiamo le relazioni, sicuri di fare cosa gradita ai lettori e di aumentare le nostre conoscenze nel campo dell’applicazione di conoscenze di natura psicologica.
Ci ripromettiamo di continuare, col gradimento degli autori, a seguire i passi della loro ricerca, sia teorica, sia sul campo.

Il linguaggio umano, formidabile strumento di comunicazione e polimorfo supporto del pensiero, rappresenta una complessa funzione cognitiva che ha come substrato l’attività integrata di numerosissimi circuiti neuronali cerebrali.
Le funzioni cognitive costituiscono le cosiddette funzioni nervose superiori, in quanto elaborano informazioni che sono a loro volta il prodotto di processazioni più elementari delle interazioni tra sistema nervoso ed ambiente: ad es., nel caso dei fenomeni linguistici, l’elaborazione cognitiva di una parola (letta o ascoltata) comporta l’interpretazione del suo significato sulla base della sua corretta acquisizione sensoriale (visiva o uditiva). Invero, il linguaggio rappresenta una funzione cognitiva composita, più complessa di altre che ne costituiscono come i presupposti (ad es. l’attenzione e la memoria): è per questo motivo che solitamente ci si riferisce alle capacità linguistiche (fasiche) in termini di funzioni cognitive “secondarie” che, per l’appunto, si basano su altre funzioni cognitive più semplici, dette “primarie”. Pertanto è nella rete (network) cognitiva, cioè nell’interazione dinamica di numerose funzioni cognitive di diverso livello e complessità, che si ritrova il substrato anatomo-funzionale del linguaggio.
In caso di danno cerebrale acquisito – a seguito cioè di accidenti cerebrovascolari (ischemici o emorragici), eventi traumatici cranio-encefalici, tumori cerebrali o malattie neurodegenerative (demenze) – con interessamento delle cosiddette aree linguistiche si produce tutta una serie di sintomi e segni clinici che costituiscono le sindromi afasiche: il termine “afasia”, dunque, fa riferimento alla compromissione linguistica che si verifica in un adulto (un individuo che abbia quindi già completamente acquisito il linguaggio) a causa di una o più lesioni encefaliche localizzate in sedi anatomiche coinvolte nell’elaborazione linguistica.
Negli anni si sono avvicendate teorie più o meno esaustive sul funzionamento del cervello, in condizioni di normalità o di patologia, relativamente ai fenomeni linguistici, basate su approcci concettuali di diverso tipo e supportate da evidenze sperimentali di varia natura, impiegando sempre più metodiche d’indagine molto sofisticate quali le tecniche neuroeidologiche (di neuroimaging) “in vivo” come la tomografia ad emissioni di positroni (Positron Emission Tomography, PET) o la risonanza magnetica funzionale (functional Magnetic Resonance Imaging, fMRI). Certamente il punto di vista neurolinguistico è quello che più di tutti interessa il neurologo, proprio per l’assunto di fondo che non possa esistere linguaggio umano in assenza di un cervello altrettanto umano!
Paul Broca si può considerare a buon diritto il padre della Neurolinguistica: per primo, a seguito di considerazioni anatomo-cliniche, andando cioè a riscontrare autopticamente le sedi di lesione cerebrale in pazienti afasici, osservò che danni a carico della circonvoluzione frontale inferiore sinistra si correlavano a disturbi espressivi (deficit di produzione linguistica). Nel 1861 egli propose che in quella sede (Area di Broca) si potesse ragionevolmente supporre localizzata la facoltà articolatoria del linguaggio.
Pochi anni dopo (1874) Carl Wernicke, oltre ad ipotizzare sulla base di dati sperimentali l’esistenza di una facoltà comprensiva del linguaggio localizzata a livello della circonvoluzione temporale superiore nell’emisfero cerebrale sinistro (Area di Wernicke), propose a chiare lettere la teoria del “flusso di informazioni” tra aree cerebrali interconnesse (diremmo noi oggi del “network cognitivo”), inaugurando propriamente l’era della cosiddetta Neurolinguistica connessionistica.
Nel 1885 Lichtheim suggerì l’esistenza di un centro dei concetti che successivamente Geschwind (1965) localizzò a livello del lobulo parietale inferiore (LPI) sinistro, ed impostò la cosiddetta Teoria modulare. Su questa base venne strutturandosi lo schema neurolinguistico di Wernicke-Lichtheim che prevedeva l’esistenza di tre centri cognitivi interconnessi: quello delle immagini motorie (M) per la produzione linguistica, a livello dell’Area di Broca; quello delle immagini acustiche (A) per la comprensione linguistica, nell’Area di Wernicke; e quello dell’elaborazione dei concetti (Begriffe, B), a livello del LPI. L’Area di Broca e quella di Wernicke, inoltre, sono connesse con i sistemi motori espressivi (m) e con quelli acustici comprensivi (a) periferici.
In termini nosografici, a tutt’oggi le afasie vengono classificate in una decina di tipi sindromici, in relazione all’integrità o meno delle capacità espressive e/o comprensive come risulta da compiti di espressione, denominazione e comprensione orale e/o scritta, nonché di lettura, ripetizione, dettato e copia. Utilizzando lo schema neurolinguistico di Wernicke-Lichtheim-Geschwind le afasie si distinguono a seconda della sede di lesione in sensoriali corticali (in A), transcorticali (tra B ed A), subcorticali (in a); motorie corticali (in M), transcorticali (tra B e M), subcorticali (in m); di conduzione (tra A e M). Le cosiddette afasie globali rappresentano l’associazione di quadri di afasie corticali sensoriali e motorie; mentre le afasie transcorticali miste assommano afasie transcorticali sensoriali con quelle motorie; ed infine le afasie anomiche (o amnestiche) si correlano con danni a livello del LPI (v. in Denes e Pizzamiglio, 1996).

Notoriamente, nella maggior parte degli individui, è l’emisfero sinistro ad essere deputato alle funzioni linguistiche, ovvero è dominante per il linguaggio, mentre in un limitato numero di soggetti il ruolo principale è svolto da quello destro. Il concetto di dominanza emisferica consiste nel fatto che in un soggetto i due emisferi non abbiano esattamente le stesse funzioni (in relazione anche a diversità anatomiche macro- e microscopiche), ed in particolare, per quelle funzioni nervose cosiddette impari (cioè non rappresentate bilateralmente a livello cerebrale), un emisfero sia dominante rispetto ad un altro: per il linguaggio, funzione cognitiva rappresentata non equamente a destra e a sinistra, è appunto l’emisfero sinistro ad essere considerato quello dominante.
Sia fattori genetici, sia fattori ambientali concorrono nella determinazione della dominanza emisferica: soggetti di sesso maschile destrimani senza familiari mancini hanno il linguaggio quasi sicuramente lateralizzato a sinistra, mentre individui di sesso femminile mancini con familiarità per mancinismo mostrano di avere più facilmente una dominanza emisferica destra per le capacità linguistiche; esiste poi tutta una serie di situazioni intermedie tra questi due estremi, cioè si ritrovano soggetti che hanno una lateralizzazione incompleta con funzioni linguistiche “distribuite” nei due emisferi. Anche i fattori ambientali giocano un ruolo nella dominanza emisferica, ma certamente inferiore a quello svolto dai fattori genetici.
Via via negli anni è stata rivalutata l’importanza dell’emisfero destro, a prescindere anche dal concetto della dominanza emisferica: in altri termini, sempre più si riconoscono all’emisfero destro funzioni attenzionali e computazionali che si configurano quali “servo-meccanismi” per le attività linguistiche dell’emisfero sinistro che in alcuni casi (ad es. a seguito di eventi lesionali) può comunque essere vicariato dell’emisfero controlaterale in compiti linguistici e paralinguistici. Superando la ormai classica (ma anche troppo semplicistica) attribuzione delle funzioni di temporalità all’emisfero sinistro e di quelle di spazialità al destro, innegabilmente al “cervello destro” spettano oltre a competenze semantico-lessicali (quando non anche fonologiche e morfo-sintattiche) competenze emozionali e pragmatiche che si ritrovano solo in minima parte in quello sinistro (Joanette et al., 1990; Beeman e Chiarello, 1998).

La Batteria del linguaggio dell’emisfero destro (Ba.L.E.D.), adattamento in italiano della versione originale inglese (Bryan, 1989), consente di riconoscere e quantificare il deficit linguistico conseguente a lesione dell’emisfero destro e, pertanto, di individuare per converso talune funzioni linguistiche di spettanza dello stesso.
Si compone di 6 test e di un’analisi dell’eloquio spontaneo. Il test semantico-lessicale consiste nell’identificazione di oggetti, fra quelli presentati in forma di disegno in ogni scheda, il cui nome viene pronunciato dall’esaminatore; il test dell’accentuazione enfatica (per la prosodia linguistica) consiste di prove in cui il soggetto, aiutato da stimoli visivi, deve completare delle frasi la cui prima metà viene letta dall’esaminatore; il test delle metafore scritte e quello delle metafore visive consistono nella comprensione di metafore il cui significato viene esplicitato mediante frasi scritte o un disegno, a seconda del tipo di test: il soggetto deve indicare per ogni metafora la frase o il disegno corretti, a seconda dei casi, scegliendoli fra quelli proposti; il test della comprensione del significato implicito consiste nel rispondere ad alcune domande sulla base di informazioni implicitamente contenute nei brani letti; il test dell’apprezzamento dell’umorismo consiste nel riconoscimento del corretto finale umoristico od ironico, fra quelli proposti; l’analisi dell’eloquio spontaneo si realizza mediante valutazione quali-quantitativa dei seguenti parametri: formule di cortesia, umorismo, richiesta di informazioni, perentorietà, narratività, varietà, formalismo, livello dialogico, ritmicità, comprensibilità, prosodia.

Paolo Bongioanni

E-mail: paolo.bongioanni@tin.it

Referenze bibliografiche

G. Denes, L. Pizzamiglio. Manuale di Neuropsicologia. Zanichelli Editore, Bologna (1996)
K. Bryan. The Right Hemisphere Language Battery. Whurr Publishers, Ltd., Londra (1989)
M. Beeman, C. Chiarello. Right hemisphere language comprehension – Perspectives from cognitive neuroscience. Lawrence Erlbaum Ass., Londra (1998)
Y. Joanette, P. Goulet, D. Hannequin. Right hemisphere and verbal communication. Springer-Ver

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