1) Il privato è politico.
…Ricordo un’alba in una Parigi deserta a causa dello sciopero dei trasporti. Avevamo manifestato tuta la notte, scontrandoci con una polizia sempre più demoralizzata. Eravamo stanchi. Colette ed io camminavamo ascoltando il rumore dei nostri passi in una città finalmente tranquilla. Lei aveva un viso da angelo biondo e anche nelle situazioni più difficili sorrideva sempre. Non eravamo fidanzati, non c’erano fidanzati in quel momento, solo gruppi di persone che si amavano in modo diverso. Ma quella notte eravamo troppo stanchi per fare qualsiasi cosa tranne vivere l’attimo. E allora le dissi, spinto dal mio solito riflesso politico: “Resterà qualcosa di questo quando saremo vecchi?. Colette sorrise e rispose dolcemente: “Resteremo noi”.
Da Quel maggio a Parigi di Manuel Castells, “Internazionale” n. 748, 13-19 giugno 2008.
2) Specchio di amori antichi.
14 maggio (1798), a sera. Lettera all’amico Lorenzo Alderani.
O quante volte ho ripigliato la penna, e non ho potuto continuare: mi sento un po’ calmato e torno a scriverti. – Teresa giacea sotto il gelso – ma e che posso dirti che non sia racchiuso in queste parole? Vi amo. A queste parole tutto ciò ch’io vedeva mi sembra un riso dell’universo: io mirava con gli occhi di riconoscenza il cielo, e mi parea ch’egli si spalancasse per accoglierci! Deh! A che non venne la morte? E l’ho invocata. Sì; ho baciato Teresa; i fiori e le piante esalavano in quel momento un odore soave; le aure erano tutte armonia; i rivi risuonavano da lontano; e tutte le cose s’abbellivano allo splendore della Luna che era tutta piena della luce infinita della Divinità. Gli elementi e gli esseri esultavano nella gioia di due cuori ebbri d’amore. – Ho baciata e ribaciata quella mano – e Teresa mi abbracciava tremante, e trasfondeva i suoi sospiri nella mia bocca, e il suo cuore palpitava su questo petto mirandomi co’ suoi occhi languenti, mi baciava e le sue labbra umide, socchiuse, mormoravano su le mie: – Ahi! Che ad un tratto si è staccata dal seno quasi atterrita: chiamò sua sorella, e s’alzò correndole incontro. Io me le sono prostrato e tendeva le braccia come per afferrar le sue vesti – ma non ho ardito di rattenerla, né richiamarla. La sua virtù – e non tanto la sua virtù, quanto la sua passione, mi sgomentava: sentiva e sento il rimorso di avderla io primo eccitata nel suo cuore innocente. Ed è rimorso – rimorso di tradimento! Ahi mio cuore codardo! – Me le sono accostato tremando. – Non posso essere vostra mai! – e pronunciò queste parole dal cuore profondo con un’occhiata con cui parea rimproverarsi e compiangermi. Accompagnandola lungo la via, non mi guardò più; né io aveva più cuore di dirle parola. Giunta alla ferriata del giardino mi prese di mano da Isabellina e lasciandomi: Addio, diss’ella; e rivolgendosi dopo pochi passi – addio.
Io rimasi estatico: avrei baciate l’ombre dei suoi piedi: pendeva un suo braccio, e i suoi capelli rilucenti al raggio della Luna svolazzavano mollemente: ma poi, appena appena il lungo viale e la fosca ombra degli alberi mi concedevano di travedere le ondeggianti sue vesti che da lontano ancor biancheggiavano; e poi che l’ebbi perduta tendeva l’orecchio sperando di udir la sua voce. – E partendo, mi volsi con le braccia aperte, quasi a consolarmi, all’astro di Venere: era anch’esso sparito.
Da UGO FOSCOLO. Ultime lettere di Jacopo Ortis.
3)Dedicato al politici italiani dell’anno 200…
La politica consiste in un lento e tenace superamento di dure difficoltà, da compiersi con passione e discernimento al tempo stesso. E’ perfettamente esatto, e confermato da tutta l’esperienza storica, che il possibile non verrebbe raggiunto se nel mondo non si ritentasse sempre l’impossibile. Ma colui il quale può accingersi a quest’impresa deve essere un capo, non solo, ma anche – in un senso molto sobrio della parola – un eroe. E anche chi non sia né l’uno né l’altro, deve foggiarsi quella tempra d’animo tale da poter reggere anche al crollo di tutte le speranze, e fin d’ora, altrimenti non sarà nemmeno in grado di portare a compimento quel poco che oggi è possibile. Solo chi è sicuro di non venir meno anche se il mondo, considerato dal sul punto di vista, è troppo stupido o volgare per ciò che egli vuol offrirgli, e di poter ancora dire di fronte a tutto ciò: “Non importa, continuiamo!”, solo un uomo siffatto ha la “vocazione” (Beruf) per la politica.
Da MAX WEBER. Il lavoro intellettuale come professione. Einaudi. 1948.
4) Alla ricerca del mio vero Sé.
AL DOTTOR Y
Sei all’oscuro di tutto come noi
Tu non puoi ricomporre un disegno spezzato,
rendere ad un fiore il suo stelo,
ad una vela la sua barca.
Quei cocci che furono anime
Non ti dicono i loro segreti.
Ma sui sentieri ingombri di macerie
Tu cammini umilmente
E raccogli ed attendi
Senza imporre nessuna conclusione,
dove altri userebbero solo la presunzione
e una scopa antisettica.
Da MARGHERITA GIUDACCI. Le poesie. Le Lettere. 1999.
5) Opinione di un materialista.
Se presupponi l’uomo come uomo e il suo rapporto col mondo come un rapporto umano, potrai scambiare amore soltanto con amore, fiducia solo con fiducia ecc… Se vuoi godere dell’arte, devi essere un uomo artisticamente educato; se vuoi esercitare qualche influsso sugli altri uomini, devi essere un uomo che agisce sugli altri uomini stimolandoli e sollecitandoli realmente. Ognuno dei tuoi rapporti con l’uomo e con la natura, dev’essere una manifestazione determinata e corrispondente all’oggetto della tua volontà, della tua vita individuale nella sua realtà.
Se tu ami senza suscitare una amorosa corrispondenza, cioè se il tuo amore come amore non produce una corrispondenza d’amore, se nella tua manifestazione vitale di uomo amante non fai di te stesso un uomo amato, il tuo amore è impotente, è un’infelicità.
KARL MARX. Manoscritti economico-filosofici del 1844. Einaudi 1968.
6) Attualità?
Non mi fu difficile accorgermi che in realtà tutta quella gente, lungo le strade del loro mondo di impiegati, di professionisti, di operai, di parassiti politici, di piccoli intellettuali, in realtà correvano come matti dietro una bandiera. Per le viuzze medievali, o per le grandi strade burocratiche, liberty, o, infine, per i quartieri nuovi, residenziali o popolari, essi non si agitavano trascinati – come pareva – dall’orgasmo del traffico o dei loro doveri: ma correvano dietro a quella bandiera. Si trattava, in realtà, di uno straccio, che sbatteva e si arrotolava ottusamente al vento. Ma, come tutte le bandiere, aveva disegnato nel suo centro, scolorito, un simbolo. Osservai meglio, e non tardai ad accorgermi che quel simbolo non consisteva in nient’altro che in uno Stronzo.
PIER PAOLO PASOLINI. La divina mimesis. Einaudi. 1975.
7) Leggere la realtà con occhi aperti e liberi.
Quando per tanto tempo vedi i morti attorno e convivi con la morte, i valori sono rovesciati. C’è, ci deve essere un colpevole di tutto questo, qualcuno che deve pagare per ciò che è stato. Non so che cosa avrei fato se fossi stata a piazzale Loreto, forse avrei solo ingiuriato, forse avrei colpito anch’io, forse sarei rimasta in un angolo angosciata. Ma so che c’è stato un momento, quando la liberazione di Torino era cosa fatta ma c’era ancora qualche sparo per le strade, in cui la rabbia, o forse l’odio, era il sentimento più forte. Tra il momento in cui si vince una guerra e quello in cui si festeggia, c’è una zona buia, irrazionale, nella quale l’altro, il nemico, non è soltanto un vinto, un colpevole da affidare alla giustizia, ma è ancora un nemico, un assassino, un violentatore: quello che è stato, le sofferenze, le paure, le vergogne, ce l’hai ancora appiccicate sulla pelle, una per una. Non si esce da una guerra di quel genere da un attimo all’altro, solo perché il CNL si è insediato nel municipio: bisogna uscirci con la testa e con la coscienza, ed è un processo molto più lento, molto più faticoso, molto più contraddittorio. Il ritorno alla normalità è difficile perché comporta il dominio delle emozioni che ti hanno sconvolto per troppo tempo.
Testimonianza di Antonia Gennaro, di Torino, classe 1916, medico, partigiana, raccolta da Gianni Oliva il 6 maggio 1988 e depositata presso l’archivio dell’Istituto storico per la Resistenza in Piemonte, in GIANNI OLIVA. L’ombra nera. Mondadori. 2007.
A cura di Giovanni Lancellotti
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