UNA GOCCIA D’ORO

La tua finestra
Era una goccia d’oro
Nella notte
E il vento
Mostrava
Che il mare era lì
Rovesciando onde bianche
Aspettavi
Che la notte passasse
Per rivederci
Ora

È ancora una goccia d’oro
La tua finestra
E il vento
Li ruba al cielo
Tanti fiocchi
Per fare bianco
Tutt’intorno
Di nuovo
Aspetti che passi la notte
Per rivederci.

NON TEME IL TEMPO

Hanno ancora
L’oro
Le nostre api
Incorruttibile
Il tempo
Non teme
La nostalgia
Ci prende il cuore
Se fili
Robusti
Non legano
I giorni
Come grani
Di rosario
Che ci sommerge
Con la penombra
Della quiete
Hanno
Ancora l’oro
Le api
Senza tempo
Sempre nuove
E pronte
A donartelo
Il miele
Che perfino gli dei
Rendeva felici
Anche noi
Se al palato
L’offriamo
Come dono
Di vassalli
Gioiosi di dare
Per crescere
Insieme.

AL VENTO DI MAESTRO

Turbini di fuoco
Dentro i pini
Come quando
Il sole
Si immerge
Nei tuoi capelli
E
Il nuvolo del cielo
Mobile
Attenua
Il verde
A colpi di scalpello
Ombre emergendo
E chiome trasparenti
Al vento di Maestro
Nuovi
Antichi sentimenti
Mi sospendono
Su onde di tramonto
Nel tempo.

VUOTO

Vuoto
E’ il silenzio
Anche di sospiri
Buia
E’ la notte
Di care immagini
Muto
E’ il sentiero
Di passi
Tonanti
Accorrenti
Solo
Le lacrime
Agli occhi
Sgorgano
Stelle
Lucenti
Cuocenti
Di muti dolori.

VINCENZO CARACCIOLO

Nato a Siracusa, da quasi quaranta anni vive in Toscana.
Laureato in Lingue e Letterature straniere è stato impiegato d’ufficio e insegnante fino alla pensione.
Ha praticato la pittura e la scultura spinto dalla ricerca del bello non inculcato, ma offerto alla sensibilità spirituale degli appassionati.
Ha collaborato a giornali e riviste.
Ha pubblicato un romanzo storico e pur avendo una produzione larghissima di poesie ne ha pubblicate solo pochissime.
Fra i suoi vari interessi le arti marziali.
Si occupa di archeologia e di problemi genealogici.

MANIFESTO DELLA POESIA FENICEA

di Massimiliano Antonucci

“Certi poeti rappresentano la realtà
ma questo lo sanno fare tutti.
L’unica lirica in grado di saziare lo stomaco
zampilla acqua e sangue
come una gallina azzannata da una volpe.
Uno scrittore vero s’infila tra le gambe un pugnale
per segnare un suono ignoto”.

Capita che guardi e veda acqua. Le ombre dell’Arno si muovono dentro di me dove si trova sempre presente una dimensione parallela a quella del vivere giorno per giorno. L’acqua è una forza che mi perseguita e mi spezza la schiena, si nasconde ma alle volte fa di tutto per emergere in maniera prepotente sotto forma artistica: una sorta di ribellione e riscatto, una potenza vitale che mi rende elettrico come una gatta prima di mangiare. Nella sua voce si nasconde rabbiosa una disperazione fatta arte. Altri poeti hanno preferito scorciatoie, mezzucci per allietarsi l’esistenza, ma hanno finito per produrre una falsa forma di bellezza. Se sei poeta non sei facchino o imprenditore, non sei avvocato, impiegato o macellaio. Sei ladro. Un ladro che ruba dissonanze dentro le perfette costruzioni della mente. E mentre la notte mi invade con una continua richiesta di morte e di rinascita, lo spirito mi viene addosso in una vestaglia di raso rosso e il suo calore è più appagante di mille vittorie. Non abbiamo bisogno di una vita cauta ed infelice. Non abbiamo bisogno di una felicità vuota alla quale tutti possiamo ambire. Abbiamo bisogno di sentire. Di emergere. Per le strade noi vaghiamo oltre l’istinto in situazioni ai limiti della percezione, in luoghi apparentemente sconosciuti dove bruciamo, bruciamo sempre insieme a moschee piene d’odio e a cattedrali dorate che inneggiano falsi dogmi. Adesso che stiamo per scrivere l’anima della notte giunge e si mostra subito irrequieta. La notte ci invidia.

Nessuno è in grado di accedere alla propria realtà interiore senza avviare un processo di conoscenza profonda che inizia
quando lo spirito s’impone sulla rozzezza della materia.

La poesia fenicea scaturisce dalla tensione prodotta dall’uomo-poeta che urta la materia e si oppone alla mediocrità
che non vede prigioni.

Lo sforzo creativo dell’uomo supera tutte le prigioni della mente costruite sotto il comando impietoso della paura
attraverso una differenziazione dell’individuo dallo status quo.

Il feniceismo rappresenta un movimento artistico di rottura verso quei comportamenti istintivi che preservano la propria natura dal distruggere le certezze mai discusse, sviluppando nel poeta una ricerca intuitiva che affonda oltre l’assetto consolidato
dell’ordine sociale.

Gradino dopo gradino il poeta si inoltra al di sotto della soglia del logico per superare gli argini dell’essere statico e le allucinazioni indotte dalla falsità del vivere: egli è nella oscurità, oltre i simboli del giorno, dove è il baratro in cui si trova originario ed intatto
un personale senso di verità.

La sensibilità di questi scrittori della vertigine si muove verso la scaturigine del bene e del male che compare dentro di sé.

Il potere di penetrare tra le ombre dell’esperienza li rende abili a trascendere il visibile; essi stracciano le vesti alla bellezza per imbattersi in quella verità che solamente il corpo ha il potere di raccogliere, nascondendola.

Sudore bile lacrime seme sangue plasmano il suono di un nuovo lirismo che non indietreggia al buio, anzi lo attraversa nel segno
di un linguaggio ruvido e non uniforme.

I poeti fenicei sono deliranti uccelli senza respiro che trapassano le vette del meraviglioso e profanano le profondità del fantastico
per rivelare l’oscenità di una forma di coscienza primordiale.

Tutti quelli che creano senza sapere il motivo, tutti gli invisibili, gli emarginati e gli inconsapevoli che vivono l’arte come una possibilità di redenzione, che rimuovono l’illusorietà dalla finzione poetica e non sanno ancora a cosa appartengono, fanno parte di questo movimento e sono detti poeti della fenice.

Il mondo ama l’arte ma odia l’artista che afferma la sua unicità su ogni metodo e tecnica.

Chi non vive la condizione di diversità non può capire la dimensione eroica dell’esistenza che traduce la frantumazione della regola
nella formazione di uno stile che aderisce alla più autentica individualità.

L’artista si denuda senza compiacersi.
Mettere il trucco sopra i volti non è suo affare.

Se sapesse farlo non riuscirebbe ad abbracciare l’Osceno.
L’esercito della scimmia è contro di lui, l’umanità lo ripudia.

Nota biografica

Massimiliano Antonucci è nato a Taranto il 04/01/1970.
A Roma trascorre gli anni universitari e si laurea in Giurisprudenza; è attualmente residente a Pisa dove lavora come funzionario di pubblico impiego.
Nel 2002 l’Autore decide di pubblicare la sua prima raccolta poetica edita dalla Casa Editrice “L’Autore Firenze Libri”, dal titolo Mastini davanti alle porte del Regno.
Nel 2005 la Casa Editrice “Manni Editori” pubblica la sua seconda raccolta di poesie dal titolo Non sono versi di Giuda.

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