Visto da Giovanni Lancellotti
Locandina: Se mi lasci ti cancelloRegia: Michel Gondry.
Soggetto: Charlie Kaufman, Michel Gondry, Pierre Bismuth.
Sceneggiatura: Charlie Kaufman.
Fotografia: Ellen Kuras.
Montaggio:Valdis Oskarsdottir.
Musica:Jon Brion.
Scenografia: Dan Leigh.
Costumi: Melissa Toth.
Interpreti e personaggi: Jim Carrey (Joel Barish), Kate Winslet (Clementine Kruczynsky), Gerry Robert Byrne (il capotreno), Elija Wood (Patrick), Thomas Jay (Frank), Mark Buffalo (Stan), Jane Adams (Carrie), Tom Wilkinson (il dottor Howard Mierzwiak).
Produttore: Anthony Bregman, Steve Golin per Blue Ruin/This Is That Productions.
Distribuzione: Eagle.
Durata: 108′.
Origine: USA 2004.

Una grigia mattina d’inverno Joel Barish decide di non recarsi al lavoro. Preso da un irresistibile impulso, dribbla New York, per recarsi a Montauk, una desolata località balneare. Sulla spiaggia incontra una ragazza dalla chioma blu cobalto, Clementine. Irruente ed incalzante, Clementine conquista e travolge il timido e represso Joel. I due si innamorano a prima vista e diventano, di lì a poco, una coppia inseparabile. O così pare… In realtà la verità è un’altra.
Joel e Clementine si sono incontrati molto prima dell’episodio appena descritto. Ma la loro storia d’amore è naufragata miseramente. Non solo: per troncare definitivamente, la furiosa Clementine si era rivolta ad un’agenzia specializzata nel cancellare i ricordi di una persona per mezzo di un processo messo a punto dal Dottor Howard Mierzwiak. Quando Joel viene a conoscenza dell’accaduto, per ripicca richiede il medesimo trattamento. Durante la procedura, tuttavia, ha un ripensamento e si rende conto di essere ancora innamorato di Clementine. Per salvarla da una rimozione definitiva, tenta allora di “nasconderla” nei recessi della sua mente, collocandola nei ricordi più umilianti e nelle fantasie più audaci – ispirate dai discorsi dei tecnici di Lacuna, Stan e Patrick, che stanno deframmentando il suo cervello. Trovandosi in difficoltà a portare a termine la cancellazione Patrick – e la fidanzata Mary, che si è unita ai due – chiama in aiuto il Dottor Mierzwiak, mentre Stan va in cerca di Clementine, della quale si è innamorato cotto. Mary dichiara il suo amore al Dottor Mierzwiak, ma quando scopre che lei stessa aveva richiesto la cancellazione dei suoi ricordi (e dall’affair col suo datore di lavoro), in preda alla disperazione decide di rivelare a tutti i pazienti di Lacuna tutta la verità. Con un loop, la storia ricomincia
[1].

“Dimenticare il mondo,
dal mondo dimenticati.
Eterno raggio di sole
Della mente pura!
Ogni preghiera accolta,
e ogni desiderio lasciato”.
ALEXANDER POPE. “Eloisa to Abelard“, 1717.

Film come frattale, componibile e ricomponibile dallo spettatore, in un succedersi di tempo (o di eventi senza alcuna gerarchia di prima e dopo) sognato e forse vissuto.
È una storia vicinissima ad una newage postmoderna e inventiva di un futuro tenuto insieme soltanto da un dato reale di sceneggiatura (La Società Lacuna, specializzata in cancellazione di ricordi, attraverso una sorta di deframmentazione cerebrale) e per il resto connotata da un montaggio che assembla sequenza atemporali e sospettosamente oniriche.
Può essere la memoria, con il suo dolore e con il già vissuto, un serio impedimento alla speranza del nuovo e del cambiamento riposta nel futuro?
Una prima risposta dei due protagonisti dell’opera di Gondry (francese che vive e lavoro negli Stati Uniti) sembra essere affermativa: la Società “Lacuna”, con i suoi implausibili ingegni elettronici che hanno interfacciato encefalo e computer, si occupa, appunto, a pagamento, di ciò.

Il coup de theatre della sceneggiatura è il recupero, da un recesso nascosto della mente di Joel (Jim Carrey), di una ribellione a questo dispositivo da lui volontariamente scelto in precedenza, per sottrarsi al lavaggio del cervello in materia d’amore.
Il protagonista si rende così disponibile a “quell’eterno ritorno” che è la materia stessa della vita sentimentale (nella sua essenza non mutabile attraverso il tempo, antropologicamente svincolata dalla storia, almeno nel profondo).
L’esperienza non può essere cancellata, forse perché, nel mondo amoroso, a nulla vale la memoria: la fragilità della ripetizione ne rimane la caratteristica indistruttibile.
Il film è una ricognizione metaamorosa sulla possibilità o impossibilità di una fissazione e di una cancellazione del sentimento e delle sue esperienze correlate.
Con indubbi aspetti di interesse è il discorso del regista sulla memoria, anche se con aspetti più di frammento che di struttura.

Se apparentemente l’opera risponde all’aforisma di Nietzsche sulla mancanza di senso di colpa degli smemorati o sull’assunto bergmaniano che la buona vita consista nella salute fisica e nella memoria corta, il dato concettuale sembra condurre sul versante opposto.
Ma la struttura narrativa, volutamente, non lascia adito chiaro a questa conclusione: si tratta di realtà o di sogno, la rottura della linearità narrativa è soltanto insita nella forma filmica o lascia anche un “deposito” sull’impossibilità di fissare la storia d’amore, il tempo è una dimensione condivisa o risiede soltanto nella mente di chi lo vive “in soggettiva”, il deposito stratificato della memoria è come un sistema tettonico a zolle, soggetto a terremoti e quindi da eliminare, almeno con la fantasia?
Grondy, e soprattutto la scrittura filmica del cosceneggiatore Kaufman, non danno risposte. L’ “inganno” delle immagini sembrerebbe affermare un utopistico “qui ed ora”, l’Eternal sunshine di Alexander Pope, tradotto nel film di Gondry in una soggettiva depistante che sissa fisse nel triste, disperato e angosciante flusso di coscienza del protagonista.

Difficile non andare con la memoria (siamo caduti nella “trappola” del ricordo remoto) a “L’anno scorso a Marienbad” di Alain Resnais, sceneggiato da Alain Robbe-Grillet. Anche in questo film il tempo narrativo risultava costituito da una dimensione costruita tra passato e presente, tra immaginazione e realtà: spazio e tempo puramente mentali, assenza di rapporti causa – effetto.
Ma, mentre nel film di Resnais siamo ad una trasposizione filmica del nouveau roman e all’invenzione del genere “cineromanzo”, continuato da Robbe-Grillet, il film di Gondry, al contrario, è il prodotto di una fase che potremo definire “decadente”, senza connotare negativamente la parola.

Da un certo punto di vista “Se mi lasci ti cancello” è un film “dopo Hiroshima”, è il frutto di una grande cancellazione che soltanto la guerra può portare, pur nel tentativo (narrativamente debole) di costituire un improbabile passato lontano (l’infanzia dei due protagonisti) in cui la storia sarebbe già stata vissuta, ma non conosciuta e quindi incancellabile.

Gondry ha costruito un film figlio dell’attualità, o almeno di un preciso genere cinematografico: la commedia dell’impossibile e dell’evasione nell’utopia soggettiva (altri esempi possono essere “Essere Jhon Malkovich, “Il ladro di Orchidee“, “Adaptation“).
Se lasciamo parlare l’immagine tutto porta in quel senso: la surrealtà del letto sulla spiaggia, i capelli blu di Clementine, lo scolorire dell’immagine nei passaggi temporali, l’accostamento, ai fini della cancellazione della memoria, del cervello di Joel al monitor elettronico, il passaggio iconico, a “blob”, da un piano temporale all’altro.
Se il tempo, la cronologia, gli spazi temporali non esistono e me li posso costruire a mio piacimento, la virtualità è regina, con tutte le conseguenze pseudo e fantascientifiche immaginabili.

Il film di Gondry è una commedia, e tra le meglio riuscite della attuale produzione americana, ma la libertà dello spettatore, analoga a quella di Joel, spazia in un universo vuoto, dove tutto è possibile e quindi nulla è reale.
Ciò che equilibra il film è un certo sense of humour (i cancellatori pasticcioni, l’improbabile storia d’amore tra il dottor Mierzwiak e la segretaria Mary) che lo racconta, appunto, nel tono soffice della commedia, anche se amara.


Le critiche:
a) MATTEO BINANTI. L’esperimento del Dottor k. Se mi lasci ti cancello di Michel Gondry, in “Cineforum”, n. 439, Novembre 2004.
b) ROBERTO ESCOBAR. L’amore è fatto di memoria. Il Sole 24 Ore, domenica 31 ottobre 2004.
c) ROBERTO SILVESTRI. Se mi lasci ti cancello. Il manifesto, venerdì 26 novembre 2004.
d) Recensione di FABIO FERZETTI, “Il Messaggero”, 22 ottobre 2004.
e) Recensione di ROBERTO NEPOTI, “La Repubblica”, 22 ottobre 2004.
f) Recensione di CARLO BIZIO, Flm TV, n. 43, 2004.

MICHEL GONDRY, nota biografica.

Nato nel 1964, cresce a Versailles con la sua famiglia e fin da piccolo si appassiona alla musica pop. Seguendo la sua ambizione di divenire pittore o un inventore, si trasferisce a Parigi dove, in un istituto grafico, affina la propria tecnica e conosce un gruppo di amici con i quali fonda la bad musicale “Oui, Oui”, dove suona la batteria. Fino al 1992, anno del suo scioglimento, la band realizza due album e diversi brani singoli e Gondry si occupa di realizzare i relativi videoclip. Uno di questi viene trasmesso da MTV e visto, fra gli altri, dalla cantante e attrice svedese Bjork, che lo chiama per realizzare il video del suo primo singolo “Human Behaviour”. Con l’artista svedese ha dato vita ad un’importante collaborazione professionale caratterizzata dalla realizzazione di cinque video, alcuni dei quali pluripremiati in tutto il mondo. Accanto all’attività del mondo dello spettacolo – dove ha lavorato anche per i Rolling Stones, i Chemical Brothers e Lenny Kravitz – è particolarmente attivo nel campo della pubblicità. Grazie allo spot “Drugstore” realizzato per la Levis (1994) si è aggiudicato un Leone d’oro a Cannes. Dopo aver diretto il corto “La lettera” (1998), ha esordito alla regia di lungometraggi cinematografici con “Human Nature”, presentato al Festival di Cannes nel 2001. “Eternal sunshine of the spotless mind” è il suo secondo film [2].

 
NOTE
[1] La trama è riportata da Matteo Binanti. L’esperimento del Dottor K. Se mi lasci ti cancello, in “Cineforum”, n. 439, Novembre 2004, pag. 38.
[2] La nota è riportata da una comunicazione del Cineclub Arsenale di Pisa, in occasione della proiezione del film.
 
Indicazioni bibliografiche
Tra la vasta produzione bibliografica che si occupa del tema “memoria e ricordo”, soprattutto in funzione della conoscenza dei meccanismi mnestici e del valore psicologico di questo aspetto della mente nelle relazioni umane, segnaliamo alcuni libri che ci sono parsi significativi in tal senso:

a) ALEXANDRE MITSCHERLICH. Il Ricordo. Al centro del processo psicoanalitico, Feltrinelli 1980.
b) MARC AUGÈ. Le forme dell’oblio. Dimenticare per vivere. Il Saggiatore, 2000.
c) DANIEL SCHACTER. Alla ricerca della memoria. Einaudi, 2001.
d) BARBARA SPINELLI. Il sonno della memoria. Mondatori, 2001.
e) PRIMO LEVI. I sommersi e i salvati. Einaudi, 1986.

 
Giovanni Lancellotti
Psicologo psicoterapeuta SCRIPT Centro Psicologia Umanistica
Share This