Il brano qui riportato è estratto dall’intervento del Dottor Pier Francesco Galli in “Problemi di psicoterapia. Atti del I Corso di aggiornamento” (Museo della Scienza e della Tecnica, Milano, 11-14 dicembre 1962) a cura del Gruppo Milanese per lo Sviluppo della Psicoterapia.
Riportato per l’occasione da PIER FRANCESCO GALLI Fondamenti scientifici della psicoterapia in “Psicoterapia e Scienze Umane” n. 2, 2006, Franco Angeli.
Il Dottor Pier Francesco Galli è condirettore, con Marianna Bolko e Paolo Migone, della rivista “Psicoterapia e Scienze Umane”.

“…E’ stata tentata una serie di ricerche empiriche, moltissime le ha fatte Rogers, per esempio. La figura di Rogers – mi pare di doverlo sottolineare – ha un significato particolare nella storia della psicoterapia per un motivo: Rogers ha tentato una serie di ricerche servendosi delle tecniche della psicologia sperimentale, di registrati di sedute, per esempio, di trattamenti fatti da terapeuti di indirizzi differenti, di valutazioni di questi differenti trattamenti, con tentativi di analizzare le variazioni di personalità che si possono verificare in una singola seduta terapeutica, o nel corso di una psicoterapia, o prima e dopo una psicoterapia.
Rogers, sul piano terapeutico, è fautore della cosiddetta “terapia non direttiva”, quella cioè in cui c’è un minimo di intervento attivo da parte del terapeuta, ed in cui sembra esclusa il più possibile dal campo terapeutico la variabile “persona”. Rogers rifiuta l’interpretazione, ad esempio (qui non è il caso di analizzare se sia giusto o meno rifiutare l’interpretazione), però mi pare interessante vedere come Rogers sia stato uno dei pochi terapeuti che è passato al teorizzare soltanto in questi ultimo anni. E’ uno dei pochi che ha avuto il coraggio di lavorare per trent’anni senza mai esporre qualcosa in termini teorici, riferendosi continuamente alla pratica e rispondendo “non lo so!” quando gli si chiedeva il significato bisognava dare ad una determinata manifestazione o a un determinato fenomeno osservato nel corso della terapia. Quando gli si chiedeva quale schema di riferimento adoperasse, egli rispondeva “il rapporto!”. Non a caso Rogers ha avuto, proprio in questi ultimi anni, un incontro personale con Martin Buber; di questo parleremo giovedì sera, cercando di chiarirlo meglio. Però mi sembra importante sottolineare che c’è stato qualcuno che è riuscito a prescindere dal bisogno compulsivo della trasposizione immediata dei dati nel costrutto teorico; Rogers ha avuto il coraggio di curare senza bisogno di avere alle spalle lo schema di riferimento cui appoggiarsi…”.

Share This