Romantiche, un film commedia del 2023 di e con Pilar Fogliati.
Musiche di Levante.
Sceneggiatura di Pilar Fogliati, Giovanni Nasta e Giovanni Veronesi.
Regia di Pilar Fogliati.

Romantiche: un incontro ravvicinato con le proprie emozioni

Delicatamente leggiadra, di una semplicità luminosa e mai banale: “Romantiche” è un vero e proprio incantesimo, oltre ad essere una commedia speciale e straordinaria. Profuma di rosa, ma è soprattutto amara e splendente, dolce e umana, divertente e aspra al tempo stesso. Una commedia “all’italiana” nel senso più straordinario, per quel qualcosa che ha di inequivocabilmente attuale e contemporaneamente universale. Risate e traumi, drammi e gioie: un film ad episodi per narrare la storia di quattro persone, quattro donne trentenni di diversa estrazione, che si ritrovano di fronte alle assurdità della vita e finiscono con l’interrogarsi senza infingimenti su se stesse. In quattro modi distinti, si sviluppa così un “romanticismo” a quattro componenti e si sviluppa il racconto di una scomposizione dell’animo umano in quattro anime fra loro apparentemente distanti nella possibilità di fare scelte, prendere decisioni, cambiare atteggiamenti, intravedere prospettive o motivazioni personali. Si respira la necessità urgente di uscire dai propri momenti di crisi, ma sono proprio quegli stessi dissidi esistenziali che generano l’ironia e finiscono per regalare le più autentiche risate. Un’ironia buona che diverte senza deridere perché fa ridere senza disprezzare e, senza giudicare, conforta. Parlando e sorridendo delle proprie fragilità interiori forse si può finire davvero con l’amarle perché si può riconoscerle, accettarle e magari anche trasformarle in preziose risorse.
Locandina del filmL’autrice di queste quattro sorprendenti creature che finiscono per conquistare ex aequo il cuore di ogni spettatore è Pilar Fogliati. Non le ha solo plasmate attraverso la narrazione, le ha anche dirette e soprattutto mirabilmente interpretate. Eugenia, Uvetta, Michela e Tazia sono quattro caratteri per quattro personaggi indimenticabili. Se fare un film significa scriverlo, interpretarlo e dirigerlo e Pilar Fogliati ha fatto tutto ciò da sola, “Romantiche” è letteralmente il film (di) Pilar Fogliati. Lei è di fatto la persona che si è messa in scena e spogliarsi per indossare delle maschere così intime in quanto da lei stessa create non è certo una cosa scontata, ma un’impresa straordinaria che deve aver richiesto moltissimo coraggio. Non si può quindi non ringraziare Giovanni Veronesi che ha aiutato una simile opera autoconcepita a vedere la luce, contribuendo insieme a Giovanni Nasta nello scrivere la sceneggiatura. Ne è uscito un film misurato, equilibrato, mai eccessivo, con un cast in perfetta sintonia. Merita considerazione anche il pregevole contributo musicale di Levante, capace di aggiungere intensità e di creare l’atmosfera più adatta per aiutare Pilar a brillare oltre l’immaginabile. Se questo film fosse in bianco e nero oppure muto, la sua interpretazione sarebbe comunque inarrivabile.
Forse il “non plus ultra” dell’arte della recitazione consiste nel “disimparare a recitare”, perché Pilar non “recita”, ma interpreta, motivo per cui la finzione cinematografica risulta tale da suscitare spontanea vergogna, reale imbarazzo e autentica compassione, specie quando vengono toccati i pudori, le ferite, i difetti, le cadute. Se per “grande interprete” intendiamo quell’artista capace (simultaneamente o no) di comunicare con la bocca, con le mani e con gli occhi, in tal caso Pilar sembra il paradigma naturale di una tale definizione. Molto raramente si sono viste una mimica e una gestualità simile, una presenza scenica altrettanto significativa e una padronanza così disinvolta della voce. La sua poliedrica capacità interpretativa non sembra aver avuto eguali cinematografici negli ultimi decenni, e ai miei occhi appare come uno di quei fenomeni rari che scaturiscono dal singolare sprigionarsi delle forze di natura. È questa la carica straordinaria che permette alla finzione di superare la realtà e di rendere visibile ciò che ordinariamente rimane invisibile, come il sentimento della solitudine. Far emozionare le persone facendole ridere è una cosa assurdamente difficile e questo rende “Romantiche” una delle commedie più commoventi degli ultimi decenni. Non è un film che risulta commerciale in quanto scritto per il pubblico, è piuttosto un film sincero che si presenta con una sua ben definita identità e perciò anche molto rispettoso verso il pubblico, come una forma di straordinario regalo. Il film piace perché non pecca di superbia o vanità, sembra non voler insegnare nulla, non voler impartire lezioni, non voler dare spiegazioni o motivazioni. Non sembra neanche voler dare prove o risposte o soluzioni preconfezionate, piuttosto appare come un invito a porsi domande e a dubitare di quelle impostazioni categoriche che condizionano la nostra vita, condannandoci a vivere un’esistenza senza mordente e senza passione.
Una sceneggiatura che confiderebbe solo nel suo incondizionato amore per l’umanità dei personaggi, accettandone soprattutto quelle cose che vengono quotidianamente considerate cadute, delusioni, o fallimenti. Guardando il film “fino in fondo” non si può riuscire davvero a giudicarli, e si finisce per amarli completamente, interamente. Lo spettatore passa dall’antipatia all’imbarazzo e dal disagio alla pena per questi caratteri, che finiscono con l’apparire così vicini. Questa possibilità di immedesimarsi nelle loro inquietudini non induce solo ad una maggiore indulgenza e tolleranza, perché infonde uno sguardo più benevolo verso il mondo in generale e porta a desiderare un po’ di compassione e tenerezza anche verso se stessi. La vulnerabilità di questi personaggi è anche la nostra, come la difficoltà che si ha nel riconoscere e nell’accettare se stessi, nel comprendersi e nell’amarsi. La capacità di non essere sempre antipatici e indesiderati a se stessi, il volersi un po’ bene nonostante tutto, l’avere un po’ di pietà pure verso noi stessi imparando a perdonarsi. La consapevolezza delle proprie “sciocchezze” permette così quel sano “prendersi in giro”, quell’autoironia senza permalosità che insegna a saper ridere di se stessi all’occorrenza. Da questo punto di vista, “Romantiche” fa vibrare quelle corde profonde che sempre meno lasciamo libere di suonare, che in cuor nostro ascoltiamo sempre meno, nella tendenza social odierna all’indifferenza e alla solitudine: una forma di chiusura che ci porta a perdere parte della nostra umanità, la parte più importante.
Questo film si presenta perciò come un invito a volersi bene senza condizioni o condizionamenti, prima, durante e dopo. Si esce dal cinema con il desiderio di dare un abbraccio a se stessi, ci si alza dalla sala proprio con un senso di sollievo e di maggiore apertura: forse non è detta l’ultima parola, non è “troppo tardi”. Questi quattro splendidi quadri di un’esposizione mostrano fragilità, domande, turbamenti, difficoltà, ferite, dubbi e timori che sembrano denudarci tutti. Una combinazione non lineare delle umane “imperfezioni”, di quattro persone buone, una sceneggiatura che è riuscita a trascendere lo spazio e il tempo di una crisi, perché dei personaggi pur così attuali potrebbero comunque esistere in un’altra epoca, vivere altrove, avere un’età diversa, essere di un’altra generazione o di un altro genere. Il film racconta qualcosa che esula dall’essere assoluto, ed è forse proprio questo suo relativismo a renderlo così “universale”. Vi è un’esaltazione tale della diversità, che mostra come “l’essere sbagliati” possa essere maledettamente giusto. Tra gli incredibili pregi di questa opera cinematografica splendidamente femminile, c’è poi anche quello di non essere affatto caratterizzata da un femminismo misandrico ma piuttosto dalla straordinaria consapevolezza di quello che si può e deve fare per migliorare la società tutti insieme. In “modo corale” si potrà andare avanti, lo si è già fatto in parte: anche se c’è ancora molto da fare, non serve tanto giudicare in modo qualunquista, quanto coalizzare i nostri sforzi costruttivi, con intenti comuni e condivisi dalle persone. Il film sembra richiamare una dimensione sociale perduta, in cui certi comportamenti dovrebbero essere evitati tra persone civili, laddove il rispetto e l’educazione siano considerati atteggiamenti giusti prima che virtuosi, senza compromessi. In questo e non solo, “Romantiche” è una tempesta libera che implicitamente riporta in superficie tematiche spesso minimizzate e che andrebbero considerate con maggiore attenzione. L’idea di darsi una chance, di cercare il tempo per trovare il proprio posto, per costruire la propria casa. Il ritrovarsi, il comprendersi, lo scoprire di avere una dignità, il pensare che la propria esistenza possa avere un senso, l’intravedere la possibilità di un po’ di spazio anche per noi. Un film dunque pieno di vita, di speranza e di verità, un film che invita a viaggiare liberi, liberi di credere e di sognare. Questa è l’armonia di un’opera che lega le nostre dissonanze, deliziose “anomalie” che generano nel loro insieme un’incantevole melodia di chiaroscuri.
Si finisce con l’avere a cuore questi personaggi nonostante i loro tratti antipatici o insopportabili, quei difetti che li rendono preziosi, speciali, unici e che sorridendo ci permettono di ritrovare qualcosa di noi. Il retrogusto di questo film è un gradevole incanto che ha del magico: l’interpretazione, la sceneggiatura, la fotografia, alcune inquadrature, la luce, i costumi e i colori creano questa sensazione, un’atmosfera sentimentale di sfondi e sottofondi curatissimi. Una poetica toccante, profonda e misteriosa. Riuscire a parlare con dignità di sentimenti normalmente considerati negativi, senza vergognarsene, è una cosa tanto rara quanto il non condannare i dubbi e le crisi dovuti ad un crollo delle proprie certezze e convinzioni. Si percepisce dunque un amore immenso per dei caratteri che si sentono perduti e rassegnati nella loro irresolutezza. Ciò per cui la narrazione si distingue infatti è il modo, il come rappresenta il mondo, la sensibile grazia del suo tocco, quel gentil tatto del suo gusto per il sublime. Fra le cose più singolari che ciò trasmette agli spettatori ci sarebbe forse il desiderio di confortare gli stessi personaggi che nella loro ingenua bontà hanno l’incoscienza di cadere proprio davanti ai nostri occhi e sembrano alla disperata ricerca di un’amicizia vera, sincera e completa. Si vorrebbe dare loro un abbraccio, essere loro amici, rassicurarli con del calore umano, curando magari la loro malinconia con un po’ della nostra tenerezza.

Giovanna Ardesia Rovere, una laurea in fisica e una passione per arte e cinema, qui alla sua prima “recensione“ di un film.

 

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